Onorevoli Colleghi! - Con la legge 23 marzo 1973, n. 81, recante «Autorizzazione a cedere al comune di Vibo Valentia il compendio demaniale Pennello sito nello stesso comune» si è tentato di risolvere una annosa questione relativa alla regolarizzazione di un'ingente massa di patrimonio edilizio realizzato, abusivamente, ma certamente con la condiscendenza degli organi dell'amministrazione finanziaria e con l'inerzia del comune - sostanzialmente impossibilitato ad agire dal gran numero di costruzioni - su suolo demaniale detenuto da privati, sia in forza di concessione, ma anche in assenza di titolo alcuno.
      A causa della farraginosità delle procedure previste e degli insuperabili vincoli sia urbanistici che finanziari imposti, l'unico risultato apprezzabile raggiunto, peraltro solo da qualche anno, dalla legge n. 81 del 1973 è stato quello di aver consentito la sdemanializzazione del compendio ed il passaggio al patrimonio dello Stato.
      Tale variazione dello status dei beni in parola, paradossalmente, piuttosto che propiziare il successivo trasferimento degli stessi al comune e, in ulteriore battuta, ai privati, ha determinato il perverso effetto di accrescere nei possessori e nell'amministrazione comunale lo stato di incertezza per i provvedimenti di ingiunzione immediatamente adottati nei confronti degli occupanti dall'amministrazione finanziaria, preoccupata dalla usucapibilità dei beni nascente dalla nuova classificazione.
      In sede di confronto, immediatamente attivato dagli occupanti, riuniti in comitato permanente, con le amministrazioni interessate, a fronte della posizione realistica dell'avvocatura distrettuale dello Stato di

 

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Catanzaro, che imputava unicamente al valore del solo terreno la misura del corrispettivo dell'eventuale vendita diretta ai privati, l'intransigenza dell'intendenza di finanza di Catanzaro nel pretendere il pagamento, oltre che del valore suddetto, anche dell'ingente mole di canoni arretrati e, soprattutto, della consistenza edilizia insistente sulle aree da alienare - acquisita di diritto, in base al principio giuridico dell'accessione, in capo allo Stato stesso - impediva il perfezionarsi del negozio di compravendita.
      Stante la notevole, anche se indubbiamente locale, rilevanza sociale del problema, appare congruo risolvere con una legge, monda da farraginosità, ma particolarmente dettagliata, per evitare interpretazioni capziose e fuorvianti da parte dei soggetti interessati, l'annoso problema del compendio «Pennello», anche per riaffermare la validità dei princìpi di privatizzazione e di sostanziale dismissione dello Stato dai settori non strategici perseguiti dal Governo.
      La legge che oggi si propone approssima alla situazione del compendio «Pennello» quella del contermine compendio «Bivona», allo stato ancora demaniale, limitatamente a quella porzione dello stesso esente da fenomeni di selvaggia speculazione.
      La capitaneria di porto di Reggio Calabria, con nota del 15 dicembre 1987, n. 32068, segnalava la necessità di dismettere dal pubblico demanio marittimo le aree comprese nelle contrade «Tonnara» e «Pietrenere» del comune di Palmi, interessate dal presente provvedimento, in quanto le stesse «conservano solo formalmente natura demaniale (riferito al lungomare), non essendo più utilizzabili ai fini marittimi. Per quanto attiene invece alle aree ricadenti a monte dei suddetti manufatti stradali, che per particolare ubicazione sono da considerare reliquati demaniali di nessun interesse agli usi pubblici del mare, si fa presente che gran parte di esse, per le quali sono già state peraltro avanzate numerose istanze di sclassifica, spesso per superfici di modesta entità, sono di fatto occupate da privati per gli scopi più disparati; altre versano in stato di completo abbandono, mentre potrebbero essere proficuamente utilizzate a fini di interesse pubblico». La stessa Capitaneria di porto, con successiva nota del 12 dicembre 1988, n. 29733, annunciava che «è intendimento comunque di questa Capitaneria, avvalendosi di quanto previsto dall'articolo 35 del codice della navigazione, di proporre al Ministero della marina mercantile una sclassifica d'ufficio di alcune aree demaniali marittime ricadenti nella giurisdizione del comune di Palmi; tali aree, ad avviso della scrivente, potrebbero appunto essere individuate in quelle occupate dall'attuale lungomare nonché di quelle a monte dello stesso e fino alla proprietà privata. Non si esclude comunque la possibilità di individuarne altre che, per i motivi enunciati nella nota 15 dicembre 1987, n. 32068, allegata alla presente, non siano più suscettibili di utilizzazione per i pubblici usi del mare».
      La citazione delle note della Capitaneria di porto di Reggio Calabria dimostra come anche le aree ricadenti nel comune di Palmi interessate dal presente provvedimento abbiano ormai sostanzialmente perduto la caratteristica di demanialità, presupposto fondamentale per il mantenimento delle stesse fra i beni di proprietà dello Stato. Ma, al fine di rendere ancora più evidente l'interesse dello Stato alla dismissione di tali beni, è necessario aggiungere ulteriori considerazioni, strettamente collegate con la natura dei luoghi, tali da rendere evidente, anche per queste aree, analogamente a quanto fatto per quelle ricadenti nel comune di Vibo Valentia, la necessità di dover ricorrere ad un provvedimento legislativo per dare una soluzione definitiva all'ormai annosa vicenda.
      Nelle contrade «Tonnara» e «Pietrenere» di Palmi si è creato nel tempo un rilevante insediamento abitativo, in parte abusivo, nel quale risiedono stabilmente all'incirca un migliaio di persone, in prevalenza pescatori (Tonnara) e contadini (Pietrenere), le quali oggi versano in condizioni di assoluta precarietà stante, in
 

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alcuni non isolati casi, la mancata realizzazione di opere di urbanizzazione, anche primarie. A ciò deve aggiungersi che il degrado urbanistico della zona, il quale assume aspetti sempre più rilevanti, rischia, se non risolto con tempestività, di compromettere il possibile sviluppo turistico di una delle più belle località dell'intera Calabria. L'eccessiva frantumazione dei lotti, alcuni di modestissima entità, aggiunta all'impossibilità per il comune di effettuare investimenti significativi per opere pubbliche (il territorio comunale è vastissimo ed il bilancio dell'Ente è quasi interamente assorbito dalle spese correnti), rendono improcrastinabile un intervento che possa essere risolutivo.
      Analogamente alla già citata legge n. 81 del 1973, possono essere utilmente citati ulteriori provvedimenti legislativi che in varie zone del Paese hanno affrontato, tentando di risolverli, problemi analoghi a quelli in parola: legge 29 aprile 1976, n. 254 («Isola Sacra di Fiumicino»); la legge 8 aprile 1983, n. 113 («Praia a Mare»); legge 5 febbraio 1992, n. 177 («Belluno, Como, Bergamo e Rovigo»).
      Come la legge n. 81 del 1973, anche tutti tali provvedimenti ed altri ancora, che per motivi di brevità omettiamo di citare, non sono riusciti a centrare compiutamente gli obiettivi che, lodevolmente, cercavano di perseguire; al limite, in quei pochi casi in cui un qualche effetto sono pur riuscite a produrre, ciò è avvenuto dopo un lunghissimo periodo di tempo ed a fronte di interminabili vertenze fra le varie amministrazioni interessate dalle previsioni legislative. In alcuni casi l'indeterminatezza del prezzo, in altri la non esatta individuazione dei beni da alienare, in altri ancora il lentissimo e macchinoso iter delle procedure di trasferimento dei beni dal demanio al patrimonio statale prima e, successivamente, da questo alle amministrazioni locali ed in fine ai privati, ha nel tempo impedito la pratica realizzazione e quindi il concretizzarsi dei provvedimenti legislativi tendenti a dare, al contrario, soluzioni concrete. Partendo da queste premesse e facendo tesoro delle precedenti esperienze, il provvedimento legislativo che ci permettiamo di sottoporre alla vostra attenzione, vuole cercare di rappresentare un passo avanti nella trattazione, anche futura, di analoghe fattispecie.
      C'è comunque da aggiungere che il disposto normativo che proponiamo vuole anche cercare di compendiare, nei limiti del possibile, le diverse esigenze, tutte meritevoli di tutela, che vengono a configurarsi nelle zone interessate dalla presente legge.
      In primo luogo, l'interesse generale dello Stato a salvaguardare le esigenze collettive di zone del Mezzogiorno d'Italia particolarmente bisognose di interventi pubblici; l'interesse dei comuni a dare risposte certe in direzione del recupero urbanistico, igienico-sanitario, ambientale e storico di vaste zone di territorio che versano in uno stato di degrado tale da poter essere, senza tema di smentita, considerato ai limiti della vivibilità; la legittima aspettativa dei cittadini interessati dal provvedimento in esame che possono così regolarizzare, sia pur dietro un esborso economico di una certa rilevanza, situazioni ormai incancrenitesi per l'insipienza di quanti erano preposti al problema; l'interesse infine anche di tutti quei cittadini che, pur non direttamente interessati dal provvedimento, potranno giovarsi dell'uso di infrastrutture pubbliche e di opere di pubblica utilità, tendenti complessivamente a migliorare la qualità della vita.
      L'esame dettagliato dell'articolato proposto sarà utile a chiarire tutti gli aspetti accennati.
      Con l'articolo 1 si autorizza l'Amministrazione finanziaria a vendere i compendi immobiliari «Pennello» e «Bivona» al comune di Vibo Valentia e quelli «Tonnara» e «Pietrenere» al comune di Palmi, definiti secondo le planimetrie allegate, in assenza di ogni formalità amministrativa preventiva.
      Viene inoltre esplicitamente affermato, in modo da superare una delle principali carenze dei precedenti provvedimenti legislativi, che con la sopravvenuta eseguibilità
 

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del contratto di vendita, verrà meno la qualità demaniale o patrimoniale, a seconda dei casi, dei terreni interessati.
      L'articolo 2 definisce le modalità ed il prezzo di tale cessione e sancisce l'obbligo per le amministrazioni comunali acquirenti di dotarsi di strumentazione urbanistica idonea al recupero dei compendi trasferiti.
      Il prezzo indicato (10 euro per metro quadrato) è inferiore all'ipotetico valore di mercato del suolo e del sovrassuolo realizzato dai privati occupanti, ma si ritiene comunque equo in considerazione delle ulteriori incombenze gravanti sul comune una volta che questi provvederà alla razionalizzazione ed all'urbanizzazione dei comparti acquisiti.
      Gli articoli 3, 4, 5 e 6 determinano le condizioni della successiva vendita ai privati, che avverrà improcrastinabilmente entro sei mesi dalla determinazione del prezzo di vendita.
      Con l'articolo 7, analogamente a quanto disposto dai precedenti provvedimenti legislativi, si pone un vincolo temporaneo di inalienabilità sulle aree trasferite dal comune ai privati.
      L'articolo 8 detta norme per la sanatoria tributaria ed urbanistica dei cespiti trasferiti agli occupanti, in modo da consentire concretamente la piena fruibilità del patrimonio edilizio realizzato sui compendi interessati.
      L'articolo 9, infine, abroga espressamente la legge 23 marzo 1973, n. 81, che ha dimostrato completa inefficacia.
 

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